Romani 5,1-11 - Giustificati per fede
Siamo in pace con Dio perché è riversata in noi la grazia della vita divina per l’amore gratuito del Padre verso i figli. Il suo amore fonda la speranza e annuncia la riconciliazione
Continua...1 Davide rivolse al Signore le parole di questo canto, quando il Signore lo liberò dalla mano di tutti i suoi nemici e dalla mano di Saul.
Leggendo il titolo nel primo versetto siamo rimandati al parallelo Sal 18(17). Quasi alla lettera i due testi si ricalcano; una decina le varianti. Per comprenderne il significato bisogna dunque richiamare l’esperienza di Davide, il contrasto con Saul e le lotte della sua vita.
La posizione del testo è successiva alle vittorie contro Assalonne (2Sam 15-18), la rivolta di Seba il Benianimita (cap. 20) e l’uccisione degli ultimi discendenti di Saul (cap. 21). Della morte di Saul si racconta in 1Sam 31. Nonostante il titolo rimandi a questi eventi, all’interno del componimento non ci sono riferimenti espliciti né a Saul, né alle lotte che Davide affrontò. Potremmo perciò intenderlo come un canto di lode per la forza ricevuta da Dio tanto in quelle prove, quanto in genere in tutte le difficoltà della vita. Le prove interiori e le lotte esistenziali non sono meno intense di quelle esteriori e fisiche. Completa questo canto ciò che un autore, probabilmente di epoca monarchica, aggiunse nel capitolo successivo 2Sam 23,1-7. Sono le ultime parole di Davide, anche se più avanti leggiamo di un suo testamento (più esplicito circa i fatti storici) in 1Re 2,5-9.
Come per il Salmo 18, dividiamo il testo nelle sezioni seguenti:
È più come una lode quotidiana che come un ricordo di eventi. Infatti, non ricaviamo con precisione alcun evento particolare. Specificare che si tratta di un «canto» è il motivo per il quale ritroviamo questo testo nella collezione dei Salmi. Essi, infatti, erano pensati per essere cantati nella preghiera. Così ora colui che legge le cronache di 1-2Sam deve fermarsi a cantare la benevolenza di Dio.
Nel v. 17 leggiamo «stese la mano dall’alto e mi prese». Questa espressione richiama un’azione divina che ritroviamo in alcuni apocrifi dell’AT. Si tratta di episodi in cui eletti di Dio sono rapiti al cielo, istruiti dalla sapienza di Dio e poi ricondotti in terra per trasmettere la sapienza ricevuta. È il caso di Abramo, Elia, Esdra, Baruc… il cliché letterario è: assunzione al cielo - istruzione divina - discesa per istruire gli altri. In questo caso l’essere preso al cielo che Davide descrive non è un’assunzione e nemmeno un volo fisico nell’aria. Con queste parole che però richiamano quelle possibilità egli descrive come abbia percepito la sua vita come custodita da Dio. Egli è stato come custodito nelle prerogative di eletto e conservato nella carica di re perché fosse guida sapiente del popolo.
In Sal 18,28 «abbassi gli occhi dei superbi»; qui «sui superbi abbassi i tuoi occhi»: abbassare gli occhi significa distogliersi dalla vita. Nel Salmo si sottolinea che il superbo perde Dio che è luce/lampada della vita, qui si sottolinea che Dio vede il male dei superbi come in Es 3,7. «Il nemico odia profondamente e si scaglia atrocemente contro i servi di Dio, ma chi segue gli insegnamenti divini è allenato alla lotta contro il male (vv. 33-35).
In Sal 18,29 «Signore, tu dai luce alla mia lampada», qui «Signore, tu sei la mia lampada»; il Signore è la verità e guida alla verità che è se stesso. Egli è il combustibile della lampada ed è la lampada stessa della vita.
Ciò che abbiamo ricevuto in queste parole è come la descrizione di un passaggio pasquale dalla morte alla vita, dalla minaccia alla serenità, dalla tristezza alla gioia.
Paralleli e approfondimenti
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